Dall’epoca preromana, quando si comincia ad estrarre il minerale nell’alta valle, al tempo in cui i fucinatori emigravano a Venezia, Milano e Carrara, fino all’attuale produzione di articoli da taglio. Nella Sala del ferro al Museo Etnografico di Premana, si ripercorrono le principali tappe storiche della lavorazione del minerale nel territorio prealpino.
Già nel 1574, quando Premana contava poco più di 600 abitanti, erano del resto presenti in paese 4 spadari, 3 maniscalchi e ben 40 fabbri capaci di forgiare coltelli e forbici, ma anche chiavi, inferriate e serrature. Un’attività, quella estrattiva, favorita dalla presenza, in Valsassina e Val Varrone, di vene metallifere e di un ricco patrimonio boschivo con corsi d’acqua da cui trarre l’energia motrice. Pagati in base alla quantità del materiale estratto, i minatori, detti “fraini”, lavoravano in condizioni spesso disumane e con strumentazioni rudimentali, ancora oggi visibili nel museo, almeno fino all’introduzione della polvere da sparo nel 1613. Ma le radici di una società così abbarbicata alla montagna, fisicamente e culturalmente, si rintracciano anche nei versanti disegnati con i terrazzamenti per creare campi e orti, come nella trasformazione dei boschi in superfici erbose per la pastorizia e l’allevamento. Se nella Sala dell’agricoltura si conservano dunque gli oggetti utilizzati dai contadini di montagna per lavorare i pendii e coltivare la segale e l’orzo, oltre che per accudire capre, pecore e mucche, nella Sala del Costume sono esposti invece i costumi tradizionali, come lo splendido “morel”, abito nuziale con influenze greco-albanesi, gli attrezzi per la tessitura e alcuni manufatti del lavoro femminile. www.museo.premana.lc.it