Il Museo del Beato Serafino Morazzone, posto di fianco alla neogotica Chiesa di Chiuso, dedicata nel 1903 a Santa Maria Assunta, ha sede nella attigua canonica restaurata nel 2010-13. Situato nel pittoresco borgo che ancora mantiene l’aspetto e il sapore antico descritto dal Manzoni, accoglie al suo interno cimeli dedicati alla vita del Beato, come pure un raro dipinto murale (1871) realizzato da Casimiro Radice (Milano, 1834 – Malgrate, 1908 ), pittore italiano, che raffigura La conversione dell’Innominato, episodio fondamentale dei Promessi Sposi. Poco discosto si trova la duecentesca (controllata data negli archivi di Lecco) Chiesa, legata al Museo stesso, ora dedicata al Beato Serafino, che accoglie uno splendido ciclo di affreschi medievali.
L'edificio presenta unica navata con presbiterio quadrangolare coperto da volta a botte. A impreziosire l'interno contribuiscono le decorazioni pittoriche, tra le quali si distinguono i Dottori della Chiesa e l'ampia Crocifissione nel presbiterio. Essi furono eseguiti negli ultimi decenni del XV secolo da un ignoto maestro influenzato dalla cultura figurativa bresciana, che non è ancora stato identificato. È infatti oramai superata la tradizionale attribuzione a Giovan Pietro da Cemmo; più recentemente è stata avanzata l’ipotesi che si tratti del Maestro di Nave.
Nel 1858 vi fu deposta l'urna con le spoglie di don Serafino Morazzone (1747-1822), curato di Chiuso dal 1773 al 1822, beatificato nel 2011. Secondo la tradizione, don Serafino fu confessore di Alessandro Manzoni che nel Fermo e Lucia (1822), prima edizione dei Promessi Sposi, inserì il personaggio del "buon curato di Chiuso" ispirandosi proprio a questa figura. Ricongiungendosi al famoso incontro tra l'Innominato e Federico Borromeo, collocato da Manzoni proprio nella canonica di Chiuso, il museo si inserisce anche in un itinerario penitenziale che dalla canonica conduce alla Chiesa medievale, che rappresenta simbolicamente il percorso di riconciliazione operato dal Beato Serafino durante la sua vita pastorale.